Limiti e prospettive della bioetica
Raffaele Sinno
"Chiedo scusa alle grandi domande
per le piccole risposte".
Wislawa Szymorska
La bioetica, quale scienza che ha contribuito a ottenere una profonda trasformazione antropologica e culturale, in diversi settori del pensiero e agire umano, a quarant’anni dalla sua fondazione, potrebbe indicare parziali conclusioni sul precorso effettuato, e principalmente degli obiettivi raggiunti? Rispondere a tale quesito comporta analizzare i limiti dell’agire di tale scienza, e i traguardi ancora da realizzare. Una prima considerazione consiste nei problemi che la bioetica non ha risolto sia sul versante fondativo, sia applicativo. Gli aspetti fondativi controversi possono essere sintetizzati in quattro aree di difficoltà:
Problemi epistemologici inerenti l’identità di tale disciplina, e che rispondono alle seguenti domande: la bioetica è normativa, solo normativa o affatto normativa?
Problemi metodologici che riguardano le procedure da seguire su ciascuno dei livelli cui va a collocarsi il suo discorso;
Le difficoltà dei rapporti tra le norme e i giudizi morali;
I criteri di esclusione o inclusione dei giudizi, sui comportamenti da tenere in situazioni limite dell’agire umano e professionale.
Dalle complesse vicende fondative scaturiscono i dilemmi applicativi nei diversi settori in cui la bioetica opera, oppure nelle differenti aree di sua pertinenza, come nei settori definiti di frontiera della bioetica. Per tale ragione, quando si confrontano diverse posizioni sui temi d’inizio o fine vita, il dibattito non riguarda esclusivamente l’adesione alla difesa della sacralità della vita, viceversa sostenere che l’autonomia del soggetto avente diritto sia il principio etico di riferimento. La questione fondamentale è la scelta tra il sistema che ritiene possibile fondare l’etica su principi etici universali, validi in ogni contesto e situazione umana, oppure sul versante opposto sostenere che le scelte siano giustificate in base all’area di dimostrazione, siano in connessione alla particolare circostanza, in definitiva accettare il relativismo morale. Tale differenza non è una questione di esclusiva prassi filosofica ma impegna, come afferma P. Cattorini, le stesse "prospettive della bioetica".
Da queste premesse si deduce che le difficoltà operative siano il risultato di quelle fondative, e in particolar modo del rapporto tra l’etica tradizionale e la stessa bioetica. Su questo fronte d’indagine si sono generate due correnti di pensiero: la prima ritiene che essa non sia altro che un’etica applicativa al bio-
Il procedere di questa disciplina, in questi decenni, ha dimostrato che è riduttivo ritenere che essa possa essere considerata una nuova scienza o etica, mentre in realtà la sua principale funzione è la capacità di sottoporre qualsiasi sistema umano alla valutazione dei giudizi etici, una sperimentazione auto poietica sia del principio della sacralità che della qualità.
Un successivo livello problematico è la complessità di tradurre in norme legislative gli argomenti del confronto bioetico. Le spiegazioni di tale difficoltà risiedono in due motivi: il primo è che i principi etici sono inderogabili, non adattabili alla semplice equazione di validità da parte di una maggioranza rispetto a una tesi opposta di minoranza, inoltre la tutela dei principi "secondo natura" elide le profonde modifiche messe in atto dalle conquiste biotecnologiche.
In definitiva, si può ragionevolmente affermare che la scienza della bioetica ha indotto una profonda accelerazione dei dilemmi etici, con la consapevolezza che i suoi stessi limiti siano da valutare come successive prospettive da esplorare, poiché la difesa della persona umana, e dei suoi diritti, è punto cruciale di ogni indagine presente e futura.