La bioetica scienza della responsabilità
Raffaele Sinno.
In questi decenni la bioetica, intesa come disciplina scientifica che indaga i limiti delle ricerche umane, nel suo incedere procedurale si pone di raggiungere un obiettivo fondamentale: ossia quello di analizzare e comprendere i rapporti tra la responsabilità dell’agire scientifico, e le diverse applicazioni sociali che ne derivano. Le sue due anime fondative, vale a dire la bioetica che opera secondo i principi, e quella più pragmatica dello sguardo complessivo verso altri campi del sapere che non sia solo quello strettamente scientifico, ma delle scienze umane, dall’indagine filosofica, ed etica, fino alla connessione con la teologia, sono poste a confronto con tre tipologie di responsabilità: quella dell’agire dell’uomo verso se stesso, verso gli altri, e nei riguardi dell’ambiente. Tali responsabilità riguardano un intreccio che pone sia la bioetica deduttiva dei paradigmi, sia quella induttiva dell’esperienza, di fonte a conflitti di non facile risoluzione. Con l’evolvere della riflessione bioetica l’utilizzo dei principi di autonomia, beneficialità - non maleficenza, e della giustizia, è apparso sempre più inadatto ad affrontare non tanto le questioni complesse umane, quanto le stesse spinte etiche poste dalla tecnoscienza. Di fatti, definito ironicamente il mantra di Georgetown , il sistema dei paradigmi irrigidisce, e rende statica, la riflessione bioetica, una tragedia rispetto alle diverse sfaccettature dell’esperienza, una teoria astratta e poco attenta alle motivazioni e al carattere, alla storia personale dei soggetti coinvolti nei confronti etici. Nell’altro versante la bioetica che valuta l’esperienza, quella definita secondo un aforisma di moda "della volpe", rimane eccessivamente imbrigliata nel contingente, non eliminando il pericolo di generare un’etica soggettivistica, con l’ovvia conclusione di un relativismo morale, una responsabilità che non è conforme alle attese generali.
I tre tipi di responsabilità, indicati dal padre fondatore della bioetica V. R. Potter, pongono indilazionabili risposte, non sterili e accademici confronti tra tesi contrapposte. Urge di fatti che la bioetica riesca a elaborare un percorso idoneo alle necessità contemporanee. Ciò significa implementare un’articolazione, non gerarchica, tra principi etici e riflessione indotta dall’esperienza. Le istanze morali, che provengono da diversi ambiti dell’esperienza umana, reclamano soluzioni raggiungibili e condivise. In un tempo di crisi profonda dell’agire umano, quali possono essere le prospettive e le vie da intraprendere? Una prima responsabilità riguarda la difesa della vita verso se stessi e gli altri. Ciò non significa enunciare un principio assoluto, quanto realizzarlo nel rispetto della dignità personale, non a discapito di quella altrui, vale a dire il passaggio da un’epoca di alienazione etica, a una di " permesso condiviso", come aveva già indicato nel suo esame dei principi anche H.T. Engelhardt.
Difendere la dignità della vita, in maniera condivisa, conduce a una responsabilità delle proprie azioni nella società, sostenendo i diritti di alleanza di ogni persona umana nell’ambiente che lo circonda. Ne risulta una responsabilità nella sua accezione globale, sia come percorso individuale, sia collettivo, cui ognuno è chiamato a partecipare. Una prospettiva che valorizza un giudizio etico equilibrato, e consapevole, dei limiti umani.
Il rinnovamento passa in definitiva attraverso l’accettazione che siamo responsabili delle nostre azioni morali, il passaggio dal che tipo di persone siamo, "a quelle che dovremmo diventare". Siamo chiamati a vivificare la responsabilità poiché: la grande sfida che abbiamo davanti è mostrare sia a livello di pensiero, sia dei comportamenti, che non solo i tradizionali principi dell’etica sociale, quali la trasparenza, l’onestà e la responsabilità, non possono essere trascurati o attenuati, ma che il principio del dono, come espressione della fraternità, possa trovare posto nelle attività economiche, e umane".