Il dolore e la sofferenza: aspetti etici e bioetici
Raffaele Sinno.
Esercitare la medicina vuol dire ricostruire l’unità dell’uomo, ferita dalle malattie e dalla sofferenza. (Pierluigi Fra Marchesi).
Questa riflessione si pone l’obiettivo di indagare un complesso rapporto tra il dolore, quale epifenomeno biofisico-
La ricerca scientifica ha il compito di integrare le esperienze umane e i suoi valori in un sistema oggettivo, senza la presunzione di potere spiegare tutta la realtà di una persona la quale si relaziona come prospettiva vitale e contemporaneamente biografica. In questo periodo assistiamo a notevoli progressi del trattamento farmacologico del dolore e della sofferenza, tuttavia è sempre più necessaria una cooperazione multidisciplinare, poiché le risposte risentono della condizione psicofisica di quella persona umana, in quel particolare contesto, con la sua storia umana, etica, spirituale. Il dolore e la sofferenza narrano il terreno nel quale la scienza e l’etica troveranno ampi spazi di comunicazione, perché nel futuro si porrà maggiore attenzione alle esigenze della persona umana, ai suoi bisogni, alla possibilità di narrare quel tipo di benessere. Per tali presupposti, il dolore e la sofferenza proiettano le preoccupazioni umane verso l’orizzonte del senso della propria presenza, e del significato proprio dell’agire. L’uomo, come sosteneva Popper, non è solo corpo, né soltanto psiche, ma è " mondo 3 ", ossia al piano della percezione e della valutazione psichica ed emozionale, bisogna addizionare il mondo dei valori, degli ideali, e delle credenze, ossia quello dell’esistenza. Per comprendere il significato operativo del dolore e della sofferenza dobbiamo abbandonare i pregiudizi omnicomprensivi, e assicurare una presenza che sia davvero articolata: competente, assicurativa, legittima. Competente sia sotto il versante scientifico che relazionale, assicurativa che faccia comprendere con il nostro operato che la persona è salvaguardata dal divenire terreno di confronto tra tesi contrapposte, inoltre sia legittima nel senso che avvalori la dignità dell’essere umano, una dignità che si assicura con una lotta culturale e umana contro la sofferenza. Per noi cristiani la sofferenza infine rappresenta un valore salvifico non doloristico, come ricorda P. Benedetto XVI in Caritas in veritate, il suo antidoto è un supplemento dell’anima, un proiettare e realizzare in definitiva un’esistenza per la salvezza e nella salvezza.