I test genetici predittivi: aspetti bioetici e bioguiridici.
Raffaele Sinno.
La ricerca genetica applicata alla pratica clinica umana ha prodotto, negli ultimi decenni, risultati di notevole impatto. Tali effetti sono in larga parte dovuti a un concetto del gene profondamente mutato rispetto a venti anni or sono, poiché esso è attualmente considerato una regione localizzabile di sequenza genomica, corrispondente a un’unità di eredità, che è associata a regioni regolatorie, le regioni trascritte, e ad altre regioni di sequenza funzionale, per studiarne gli effetti sia sul genotipo sia sul fenotipo. Grazie a questi progressi scientifici la genetica moderna utilizza accanto ai test diagnostici, particolari indagini definite test genetici predittivi. I primi si applicano alle persone affette da patologie che sono trasmesse con il modello dell’ereditarietà semplice, come nel caso della Distrofia Muscolare di Duchenne, o malattie dovute a traslazione di geni come nella sindrome di Down. I test diagnostici confermano un sospetto clinico, definiscono la storia e gli andamenti di una malattia genetica. Al contrario i test predittivi valutano, nella persona che si sottopone al test, la presenza di una suscettibilità, o di una resistenza nei confronti di una malattia complessa e comune, le cosiddette "sindromi multifattoriali", le quali originano dall’interazione tra geni e ambiente, esempi sono i test per il Diabete di tipo II, o la malattia di Crohn. Questa differenza pone questioni di fondamentale importanza riguardo ai test predittivi. La genomica predittiva trova alcune applicazioni pratiche, e suppone l’idea di una possibile conoscenza analitica delle malattie genetiche. E’ opportuno precisare che l’utilizzo dei test genetici predittivi solleva importanti questioni di ordine etico e biogiuridico. Un primo punto di discussione riguarda la suscettibilità statistica in una determinata popolazione. Rappresentativo è stato l’utilizzo improprio negli U.S.A. dei test BRCa1 e Brca2 venduti, alla fine degli anni novanta, con un’incessante campagna d’informazione sanitaria: "Il test che ti dimostra se avrai il cancro al seno". Si comprende l’utilizzo di tal erronea informazione genera paure, false attese, e contraddice l’azione della medicina genica predittiva, che si pone l’obiettivo di integrare diversi cofattori, non assolutizzando il test come unico punto di riferimento. Per ciò è fondamentale attenersi alle raccomandazioni che si riferiscono alla consulenza genetica, ad esempio quella redatta dal Consiglio d’Europa, in cui si regolano la ricerca del probabile difetto genico e la tutela della dignità della persona che vi si sottopone.
Tali direttive sono:
Informare dello scopo, genere, e valore indicativo dell’esame e delle conseguenze che ne conseguono;
Gli eventuali rischi connessi con la procedura, nonché la frequenza e il tipo di anomalie da diagnosticare;
Le ripercussioni fisiche e psichiche;
Tutte le possibili misure di sostegno in funzione dei risultati dell’esame;
Dei modi e tempi di esecuzione ed eventuali errori.
I problemi etici, e medico legali, che si evidenziano nei test genetici predittivi sono inquadrati nelle normali procedure di etica medica, ma ne ampliano le questioni, dato gli sviluppi etico-
La tutela e l’autonomia della persona che si sottopone al test;
La Privacy e la riservatezza;
L’Equità, la non discriminazione prevista.
I primi due temi seguono la normale prassi etica, e si collegano alle disposizioni bio-
In conclusione, i test genetici predittivi aprono nuove frontiere di ricerca scientifica, tuttavia urge un articolato ordinamento biogiuridico, per evitare una netta contrapposizione tra interesse della collettività e quella della persona umana, tra scienza ed etica.